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Aggiornamento: 4 giorni fa

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Come la tecnica Alexander ci aiuta a suonare con fluidità, presenza e libertà espressiva.

Quando si parla di tecnica strumentale, spesso si pensa a dita veloci, articolazione precisa e controllo del suono. Ma c’è un aspetto fondamentale che molti musicisti trascurano: il corpo come parte attiva della performance. Il modo in cui si respira, si sostiene lo strumento, ci si muove, può fare la differenza tra una tecnica fluida e una piena di tensioni.

Il corpo può essere un alleato vitale nella performance, ma nella nostra cultura musicale è spesso ignorato.

In questo articolo vi accompagno in un viaggio attraverso il rapporto tra corpo e musica, per scoprire come la Tecnica Alexander possa diventare una risorsa concreta per suonare con maggiore naturalezza, benessere e libertà espressiva.


Il Corpo è il Nostro Primo Strumento

Nel mio percorso di flautista e insegnante mi capita spesso di incontrare musicisti molto attenti alla qualità del loro flauto: ne curano la manutenzione, scelgono con precisione modello, materiali e testata. Queste stesse persone, però, spesso trascurano la qualità dei loro movimenti, come se suonare potesse prescindere dal corpo che lo suona. Questa visione è profondamente limitante poiché ogni suono che produciamo, ogni frase musicale che interpretiamo, nasce da un’azione fisica.

La tecnica strumentale non è altro che l’espressione della nostra coordinazione psico-senso-motoria.                                                                                                                        

La musica vive nel corpo e attraverso il corpo prende forma. Se il corpo è contratto, rigido o disorganizzato, anche la musica ne risente: perde fluidità, intensità, presenza. Il gesto musicale si snatura e si irrigidisce.

L’azione di fare musica mette in gioco l’uomo nella sua globalità. Lo strumentista deve possedere l’equilibrio del ballerino, la precisione del gesto del pittore, il rigore dell’architetto, la presenza dell’attore e la visione interiore del poeta. (Dominique Hoppenot, Il violino interiore)


L’azione musicale coinvolge tutto l’essere: fisico, mentale, emotivo. Non si può fare musica ignorando il corpo, o peggio, maltrattandolo. Nessuno maltratterebbe il proprio flauto quotidianamente aspettandosi che continui a funzionare perfettamente o si illuderebbe di ottenere una buona performance con uno strumento scadente e non bilanciato. Molti, però, suonano ogni giorno con un corpo teso, affaticato, bloccato, poco coordinato, pensando che basti solo studiare di più per ottenere una buona performance.


Studiare di Più Significa Davvero Suonare Meglio?

Spesso si pensa che suonare bene dipenda solo dalle ore di studio. Infatti lo studio è fondamentale per una buona performance, ma non basta. Se la causa del problema tecnico è una cattiva coordinazione o una tensione eccessiva, aumentare le ore di studio può peggiorare la situazione.

Più si ripetono movimenti scorretti, più si radicano schemi disfunzionali. E quando questi si sommano alla frustrazione di non vedere miglioramenti, il rischio è quello di entrare in un circolo vizioso: più tensione, più fatica, più difficoltà.   

                                                                                                   

La tensione cronica può inoltre causare dolori, blocchi emotivi e cali di rendimento. Il corpo non è uno strumento indistruttibile; se usato male, nel tempo può soffrire di disturbi cronici. Per questo dobbiamo imparare ad “accordare” il nostro corpo, trovando un equilibrio tra rilassamento e controllo, tra attenzione e libertà. Questo equilibrio comprende il modo di respirare, di muoversi, di reagire agli stimoli musicali oltre che come stare in piedi o seduti. Esso è fondamentale per:                                

✅ Migliorare la qualità del suono

✅ Prevenire tensioni, dolori, infiammazioni

✅ Riconoscere e modificare schemi corporei inefficienti

✅ Aumentare la concentrazione e la presenza scenica


Prima di dedicare altre ore allo studio, è utile chiedersi se si sta usando il corpo nel modo più efficiente possibile; se si suona rilassati o si accumula tensione.


La Tecnica Alexander: Una Risorsa Preziosa per i Musicisti

Il mio maestro di flauto, Conrad Klemm, era profondamente convinto che ogni musicista avesse bisogno delle giuste condizioni per esprimere appieno la propria individualità.

La Tecnica Alexander è uno strumento potente per creare queste condizioni. Aiuta a liberare il corpo dalle tensioni inutili e sostiene una maggiore espressività musicale. I benefici sono concreti e importanti: riduce la tensione muscolare, migliora la coordinazione, aumenta la consapevolezza corporea, previene gli infortuni e favorisce una presenza scenica più libera e naturale.

È un processo educativo che ci insegna a osservarci, a rallentare le reazioni automatiche e a scegliere consapevolmente come muoverci, respirare e suonare.


Una Tecnica Riconosciuta (ma ancora poco conosciuta in Italia)

In molte prestigiose istituzioni inglesi, americane ed europee come la Royal Academy of Music (Londra), la Juilliard School (New York), il CNSM (Parigi), la Tecnica Alexander è parte integrante del curriculum per strumentisti. In Italia, invece, è ancora poco diffusa. Alcuni la vedono come superflua, riservata solo a chi ha problemi fisici. Non serve, però, avere un problema per trarne beneficio; tutti possono imparare ad usare il proprio corpo con più intelligenza e libertà, e migliorare non solo la tecnica strumentale ma anche il loro modo di affrontare il palcoscenico e i concorsi.                     

                             

Infatti la Tecnica Alexander permette di:

  • Ridurre tensioni inutili

  • Migliorare la coordinazione neuromuscolare

  • Aumentare la consapevolezza corporea

  • Prevenire infortuni da stress muscolare

  • Favorire una presenza scenica più naturale e libera


In poche parole, aiuta a suonare meglio con tutto il nostro essere.



F. M. Alexander (1869-1955)
F. M. Alexander (1869-1955)

La Storia di Friedrich Matthias Alexander: La Voce Ritrovata

Trovo utile conoscere la storia del creatore di questa tecnica, Friedrich Matthias Alexander, per comprenderla meglio. Egli era nato nel 1869 in Australia ed era un attore di teatro.    

       

Durante le recite, Alexander perdeva la voce e diventava rauco. Nessuno riusciva a spiegare perché, né a risolvere il problema, se non consigliandogli il riposo.

Determinato a non rinunciare alla sua carriera, iniziò a osservare attentamente come usava il corpo. Scoprì che, durante la recitazione, tendeva inconsciamente ad accorciare i muscoli del collo, creando tensioni che compromettevano la respirazione e il funzionamento generale del corpo.      


Fu la prima scoperta: la coordinazione tra testa, collo e schiena è fondamentale per il nostro equilibrio e funzionamento.


Alexander si accorse anche che, nonostante la volontà di cambiare, le sue vecchie abitudini erano più forti della sua intenzione. Anche guardandosi allo specchio, continuava a muoversi seguendo schemi abituali. Questo portò alla scoperta dell’inibizione: fermarsi intenzionalmente prima di agire, bloccando i movimenti automatici disfunzionali per lasciare spazio a scelte più consapevoli.    Attraverso questo processo, Alexander migliorò la coordinazione, la respirazione e la voce, tornando a recitare con successo.


Conclusioni

Spero che questo viaggio vi abbia fatto riflettere sull’importanza del corpo nella pratica musicale e vi abbia fatto scoprire una disciplina preziosa come la Tecnica Alexander.

Suonare bene significa suonare con tutto il corpo, con consapevolezza, equilibrio e armonia.


💬 Vi ritrovate in queste riflessioni? Avete mai sentito dolore o tensione mentre suonate? Avete mai provato o sentito parlare della Tecnica Alexander?

Raccontatemi la vostra esperienza o curiosità nei commenti, oppure contattatemi direttamente. 

Se volete approfondire o integrare la Tecnica Alexander nel vostro percorso, scrivetemi pure!


Buona musica… con tutto il vostro essere!

 
 
 

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© 2025 Antonella Benatti

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